Il valore recuperabile nell’ impairment-test alla luce degli effetti (post) Covid 19

di Monica Peta - - 2 Commenti

Il contesto di valuation uncertainty di questo momento, agli effetti della crisi pandemica, richiede maggiore avvedutezza dell’organo di controllo sulla vigilanza della stima del valore recuperabile e dell’affidabilità della disclosure di bilancio. A tale proposito, sono interessanti gli spunti di riflessione dell’OIV nel discussion paper n. 2 pubblicato lo scorso 16 marzo 2021, “Linee guida per l’impairment test dopo gli effetti della pandemia del Covid 19”.

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La configurazione del valore recuperabile nella crisi da Covid 19

La crisi da Covid, per intensità ed incertezza non v’è dubbio costituisca per tutte le imprese un fattore esterno[1] di potenziale presunzione di perdita di valore, che implica l’assessment dei valori degli assets di bilancio. Si ricorda anche che, la causa di questa crisi non è tipo finanziario, circostanza che indebolisce il contenuto dello IAS 36.33, lettera a) (che impone di attribuire maggiore peso alle previsioni di consenso). A parere dell’OIV, l’impairment test[2], nell’attuale contesto deve dare evidenzadegli effetti che la crisi si prevede genererà nel breve termine, prossimi 12-24 mesi sui risultati d’impresa; delle manovre di contenimento degli effetti negativi dei flussi di cassa che l’impresa  è in grado di mettere in atto, ad esempio slittamento degli investimenti, controllo del circolante, soluzioni di flessibilità operativa, per ridurre l’esposizione degli effetti negativi alla crisi; delle ragioni per cui si ritiene che la capacità di reddito medio lungo termine sia o meno compromessa. Di conseguenza e per quanto possibile, la configurazione del valore recuperabile delle attività di bilancio al valore d’uso[3] diventa la tecnica di valutazione più conveniente. Su questo punto l’OIV centra l’attenzione sull’analisi di tre profili essenziali: l’esposizione, la vulnerabilità, la resilienza dell’impresa.

L’esposizione (effetti della crisi nei prossimi 12-24 mesi) definisce l’elasticità dei risultati d’impresa alle condizioni avverse generate dalla crisi. Può essere concepita come l’incrocio di due variabili: la perdita di ricavi nel breve termine e le conseguenze della perdita di ricavi sui risultati d’impresa, effetto leva combinata: operativa e finanziaria. Ciò sulla base del presupposto che nel breve termine, di regola qualunque impresa ha limitate capacità di reazione sia nel recupero dei ricavi, sia nella compressione dei costi.

La vulnerabilità (attitudine dell’impresa di resistere alle tensioni dei prossimi 24-60 mesi) riguarda la capacità dell’impresa di resistere alla durata ed all’intensità della crisi. I profili di analisi devono riguardare sia la vulnerabilità economica che quella finanziaria. La prima si definisce: (i) nella capacità di generare reddito in un contesto post crisi; (ii) possibilità di esternalizzare l’attività in precedenza svolta internamente;(iii) possibilità di intervenire sulla struttura dei costi (fissi vs variabili).

La vulnerabilità finanziaria riguarda: (i) la capacità di sostenere una probabile dilatazione del capitale circolante;( ii) la possibilità (o meno) di rinviare investimenti in capitale fisso senza compromettere il profilo competitivo; (iii) la capacità di non violare eventuali covenants; (iv) la capacità di far fronte a scadenze del debito con l’accensione di nuovi finanziamenti in virtù di una evoluzione del rating che renda credibile tale rifinanziamento.

L’analisi della resilienza (medio-lungo termine) costituisce senza dubbio l’analisi su cui regge in gran parte l’esito dell’impairment test. L’analisi di resilienza riguarda la capacità di reddito dell’impresa oltre il periodo di previsione esplicita (di cinque anni), ovvero la capacità su cui si fonda la stima del valore terminale nell’utilizzo di criteri reddituali o finanziari[4]. In un contesto di crisi in cui sono incerti i tempi di durata della fase recessiva, è opportuno effettuare una stima della capacità di reddito a regime che si ritiene l’impresa potrà recuperare post crisi, seguendo due principali profili di indagine: l’evoluzione attesa dello scenario competitivo; la trasformazione dell’impresa “to be” rispetto all’impresa “as is”. Dall’incrocio dei due profili di analisi, scenario competitivo ed esigenza di trasformazione dell’impresa”to be” rispetto all’impresa “as is”, si ricava il grado di resilienza della capacità di reddito dell’impresa nel lungo termine. In sostanza, è resiliente l’impresa che si ritiene capace di recuperare o addirittura accrescere la capacità di reddito in uscita di piano ante-Covid; mentre è a rischio di perdita di posizionamento competitivo l’impresa che si ritiene non sarà in grado di recuperare quella capacità di reddito.

Al banco di prova i bilanci 2020

A ben vedere, l’attuale contesto economico porta ad una soluzione che predilige un approccio olistico[5] di determinazione del “valore recuperabile” al “valore d’uso”, attraverso l’analisi dell’esposizione, della vulnerabilità e della resilienza dell’impresa. Il vantaggio di questo metodo è la stretta correlazione tra i risultati dell’impairment test alla situazione economica dell’impresa, che di fatto ridurrebbe i rischi di discrezionalità intrinseci nel giudizio dell’esperto di valutazione.

In procinto della chiusura dei bilanci 2020, potrebbe essere interessante seguire la dinamica dell’Ebitda di un piano di impresa formulato antecedentemente la crisi Covid, a confronto con un nuovo piano post Covid. L’OIV nel discussion paper n. 2/2021, ha simulato un caso esemplificativo, dal quale emerge che, nell’ipotesi in cui il management intraprende azioni e rimedi per migliorare la vulnerabilità e la resilienza dell’impresa, la curva dell’Ebitda[6] si modifica lungo il posizionamento dell’impresa da “as is” a quello “to be”, dimostrando una riduzione più consistente nel breve, ed una riduzione più contenuta nell’ultimo anno del piano (5° anno).

Ad ogni modo, l’affidabilità della disclosure di bilancio, garantisce la comunicazione delle giuste informazioni agli stakeholders affinché l’intero processo di impairment (le assunzioni alla base, la metodologia di stima, i parametri utilizzati) possa essere letto in modo appropriato, e possano essere apprezzati i risultati delle valutazioni e le motivazioni di eventuali svalutazioni operate.

Se vuoi approfondire il ruolo dell’organo di controllo in merito alla procedura di Impairmant-test, ti consigliamo di leggere: La procedura dell’impairment-test tra tecnica e governance: il ruolo dell’organo di controllo


[1] Cfr Ias 36.12

[2] Guatri, L., e Bini, M. (2009b), L’impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali, Egea, Milano.

[3] Cfr sulla convenenza del valore d’uso in contingenza della crisi Covid, rispetto al fair value e capitalizzazione di borsa, si veda OIV, Discussion paper n.2, del 16 marzo 2021 pagg. 67-69

[4] Cfr Discussion paper n.2, del 16 marzo 2021” …Se normalmente per un’impresa medio rappresentativa il valore è spiegato in misura compresa fra il 70% e l’80% dal valore terminale, in periodo di crisi – a causa del minore contributo dei flussi di cassa (o di reddito) del periodo di previsione esplicita – tale peso è destinato ad aumentare. In alcuni casi il valore terminale potrebbe addirittura giungere a spiegare più del 100% del valore d’impresa, per via del fatto che la somma dei flussi di risultato nel periodo di previsione esplicita è negativa…”

[5] Contrariamente a quanto è sostenuto in modo autorevole in dottrina, da diversi autori

[6] Cfr grafico pag. 51 del Discussion paper n. 2/2021, OIV.


Autore dell'articolo
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Monica Peta

Dottore Commercialista e Revisore Legale, Phd in Scienze Aziendali, con studio in Roma, svolge attività di consulenza nell’area Societaria e Fiscale, Compliance Aziendale, Modello 231, Modello sostenibile d’impresa, sovraindebitamento e crisi d’impresa. Sindaco di società e partecipate, componente di CDA di aziende speciali. Componente del comitato scientifico nazionale Fondazione School University, Componente della Commissione Crisi da Sovraindebitamento ODCEC Roma, Componente del comitato scientifico nazionale Istituto Governo Societario. Già professore a contratto presso l’università Magna Graecia di Catanzaro, docente per la formazione presso gli ODCEC, docente pe il corso di alta formazione crisi da sovraindebitamento SAF, Telos, Relatore in convegni e webinar, Autore di articoli fiscali e aziendali, autore e coautore di pubblicazioni scientifiche in materia aziendale ed economica.

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