L’Organo di Controllo dei Comuni non trova pace

di Patrizio Battisti - - Commenta

La denuncia è partita Mercoledì scorso con una nota pubblicata sul sito dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Tivoli,: non è oro tutto quel che luccica. Poi ripresa lunedì da un quotidiano nazionale, che ne ha ampiamente illustrato le problematiche, e diventata oggetto di preoccupazione generale all’interno del settore dei professionisti che si occupano di revisione locale. Parliamo appunto del controverso emendamento presentato in sede di conversione del D.L. 174/2012 che ha ottenuto la fiducia alla Camera e sta per essere approvato dal Senato, in merito ai collegi di revisione nei piccoli comuni.

Infatti è durata l’attimo di una mattinata la soddisfazione espressa Martedì scorso dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in merito al passo indietro del Parlamento sulle norme di riordino degli enti locali. Se vogliamo possiamo parafrase un vecchio detto, però invertendolo: con una mano tolgo e con l’altra prendo. Infatti così sembra sia stato. Leggendo il nuovo testo del decreto di riordino degli enti locali, (atto camera 5520 “conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”) abbiamo avuto il piacere di leggere che è stata cassata la norma che prevedeva per gli Organi di revisione dei Comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti e quelli capoluogo di Provincia, che un componente del collegio dei revisori, con funzioni di Presidente, fosse designato dal Prefetto e scelto dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri. Contenti di aver “riconquistato” circa 260 posti di revisore andiamo a leggere la lettera m bis) introdotta dall’emendamento. E qui viene il bello. “Nelle unioni di comuni la revisione economico-finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell’unione”. E poco più avanti la norma prevede che “all’atto della costituzione del collegio dei revisori delle unioni di comuni, in attuazione dell’articolo 234, comma 3-bis, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dal comma 1, lettera m-bis), del presente articolo, decadono i revisori in carica nei comuni che fanno parte dell’unione. Per la scelta dei componenti del collegio dei revisori di cui al primo periodo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni”.

Ebbene sembra di capire che di fatto il revisore monocratico dei piccoli Comuni non esisterà più e sarà sostituito con un Collegio che, oltre a revisionare l’Unione dovrà girovagare per i singoli enti partecipanti al raggruppamento con un moltiplicarsi di funzioni e adempimenti, si pensi ad esempio che alcune Unioni sono composte da circa 10/20 Comuni. Dal sito dell’Anci – Area Piccoli Comuni / Unione di Comuni possiamo vedere il quadro dinamico aggiornato ad ottobre 2012 delle Unioni di Comuni attualmente esistenti in Italia. In tutte le Regioni, tranne la Valle d’Aosta, sono presenti almeno una Unione per un totale complessivo di 370 alle quali partecipano 1.871 Comuni.

Attualmente, quindi l’attività di revisione in tali enti è svolta da 2.241 professionisti. Con l’approvazione della nuova disposizione prevista dalla modifica dell’art. 234 del D.Lgs. 267/2000 avremmo 370 collegi che prevedono la presenza di 1.110 professionisti. In pratica 1.131 revisori in meno.

Alcune associazioni di categoria si stanno muovendo avanzando proposte di soppressione e/o di modifica. In tal senso si è espressa l’ANCREL, l’associazione dei revisori degli enti locali, che ha avanzato nella giornata di ieri una proposta di soppressione della norma. Secondo l’associazione il numero di enti per i quali lo stesso organo di revisione dovrebbe svolgere le funzioni è mediamente talmente elevato da rendere impossibile un corretto adempimento.

Inoltre occorre tenere conto che ci sono unioni partecipate da oltre 15 enti e in tal caso è umanamente impossibile rispettare le funzioni  richieste entro gli stretti termini che alcune di queste richiedono. Per finire la disposizione è in netto contrasto con il limite  all’affidamento degli incarichi disposto dall’art. 238 del d.lgs. 18/8/2000 n. 267. Tale norma indica, fra l’altro, che ciascun revisore non può assumere più di 4 incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Autore dell'articolo
mm

Patrizio Battisti

Ragioniere Commercialista e Revisore legale, svolge l’attività di revisore nella pubblica amministrazione. Coordinatore della Commissione Enti Locali e no profit dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Tivoli. Consigliere nazionale ANCREL (Associazione Nazionale Certificatori e Revisori Enti Locali).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

uno × 4 =