Il revisore legale degli enti non profit deve effettuare delle verifiche riguardanti l’assetto organizzativo e afferenti il rischio di compimento di frodi ed errori all’interno dell’ente. In particolare, il revisore deve effettuare delle verifiche inerenti il going concern dell’ente non commerciale e per questo deve chiedere se l’ente ha adottato un modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/01.
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto in Italia la responsabilità degli enti per alcuni reati commessi – o anche solo tentati – nell’interesse o a vantaggio degli stessi da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente stesso o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati. Si tratta di una forma di responsabilità dell’ente che si aggiunge a quella propria della persona fisica, autore del reato.
L’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha affrontato la materia con lo studio intitolato “Il modello 231/2001 per gli enti non profit”. Il citato documento tratta l’inquadramento soggettivo e l’applicabilità del D.Lgs. n. 231/01 al terzo settore, effettuando un approfondimento delle fasi di costruzione del modello organizzativo. La citata pubblicazione, riporta una sentenza in cui vi è l’applicazione ad un ente non commerciale delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 231/2001. Nello specifico, il GIP Tribunale di Milano, 22 marzo 2011 ha condannato un’associazione volontaria di pubblica assistenza per il delitto di truffa ai danni dello Stato, previsto tra i reati presupposto dall’art. 24, comma 1 del DLgs. n. 231/2001.
Gli aspetti trattati in questo post sono oggetto di ulteriore approfondimento nella Circolare del Revisore di questo blog.