Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di Vigilanza

di Vincenzo Cristarella - - Commenta

L’articolo 2638 è l’ultima disposizione incriminatrice su cui il legislatore è intervenuto in sede di riforma dei reati societari.

Il comma primo descrive una fattispecie delittuosa che riecheggia, per certi versi, la condotta di false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622.

Innanzitutto, la fattispecie vede come soggetti attivi gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti.

La condotta incriminata consiste nell’esposizione, nelle comunicazioni previste in base alla legge e indirizzate a non meglio precisate pubbliche autorità di vigilanza, di fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei soggetti vigilati, ovvero nell’occultamento anche parziale, con altri mezzi fraudolenti, di fatti che si sarebbero dovuti comunicare e riguardanti la situazione medesima.

Il tutto al fine di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza.

L’ultimo inciso del primo comma, analogamente a quanto previsto negli articoli 2621 e 2622, estende la punibilità delle condotte in parola all’ipotesi in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Il secondo comma prevede una fattispecie generica, riferita ai medesimi soggetti di cui al primo comma. La condotta consiste nell’ostacolo, in qualsiasi forma, alle funzioni delle autorità di vigilanza. Tale ostacolo può essere realizzato anche attraverso la semplice omissione delle comunicazioni dovute alle predette autorità, ma, in ogni caso è necessario che esso venga posto in essere “consapevolmente”.

Il trattamento sanzionatorio è il medesimo per le due fattispecie previste dal primo e dal secondo comma: in entrambi i casi, infatti, il legislatore ha previsto, con notevole rigore, specie se paragonato alla generale mitezza con cui sono sanzionate le altre ipotesi di reato societario, la pena della reclusione da uno a quattro anni.

Risulta dunque conseguito, almeno a prima vista, l’obiettivo indicato nella legge-delega: armonizzare le disposizioni penali poste a tutela delle pubbliche autorità, configurando una fattispecie di carattere generale.

Coerentemente, l’articolo 8 del decreto legislativo ha abrogato quelle disposizioni che si configurano, negli specifici ambiti di disciplina, come diretti antecedenti dell’articolo 2638.

 

Autore dell'articolo
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Vincenzo Cristarella

Dottore commercialista in Brescia e Revisore legale, maturata esperienza significativa in ambito societario, tributario, procedure concorsuali e collegi sindacali, scrive su riviste specializzate su temi del collegio sindacale e revisione legale. Coordinatore della commissione "collegio sindacale: controlli di legalità e modello 231” dell'ODCEC di Brescia.

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